ISRAELE
IL POPOLO ELETTO
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La Lettera ai Galati
La lettera di Shaul ai Galati è il testo preferito dai cristiani anti-Torah, perché credono che in essa possono trovare la scusa perfetta per giustificare la loro falsa dottrina sulla presunta abolizione della Legge Eterna d’Elohim. Nulla è più lontano dalla verità, dal momento che questa epistola è forse quella più incompresa di tutte le Scritture ed in realtà dice l’esatto contrario di ciò che essi vorrebbero. Prima d’entrare nei contenuti della lettera, vediamo brevemente chi sono i destinatari: i Galati. A differenza dei Romani –molti dei quali potevano in qualche modo appartenere alla discendenza di Abraham, anche se non necessariamente di Israele–, i Galati erano puramente Gentili. Infatti, Shaul li tratta sempre come tali. Erano un popolo stabilito in Anatolia, d’origine celtica, vale a dire, etnicamente imparentati con i popoli europei centro-occidentali di quel tempo. Galazia era una provincia romana, e il suo stesso nome indica la composizione celtica della sua popolazione, così come Gallia, Galizia, ecc. Mancano di fondamento storico le speculazioni che circolano in certi ambienti chiamati messianicy, che suggeriscono, o affermano, che i Galati fossero d’origine ebraica. Non lo erano. Questi si basano su false etimologie e cronologie fittizie. Ad esempio, attribuiscono come l’origine del nome Galazia il termine ebraico ‘galut’, che significa “diaspora”, quando l’ebraico non ha assolutamente nulla a che fare, perchéGalatia è in latino e deriva dal greco ‘galatai’/‘keltoi’, che significa “Celti”. Ed i Celti non sono semiti, ma tutto il contrario. Queste teorie assurde provengono da sètte che hanno abbracciato la fallacia del "British Israelism". Chiarito questo punto, passiamo ora al contenuto della lettera.
1:6 Mi meraviglio che così presto voi passiate, da colui che vi ha chiamati mediante la grazia del Messia, a un altro evangelo. 7 Ché poi non c'è un altro evangelo; però ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire l’evangelo del Messia. 8 Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi annunziasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia anatema. 9 Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se qualcuno vi annunzia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema.
Dopo una breve introduzione, Shaul va direttamente al dunque, vale a dire, inizia subito a trattare ciò che gli preoccupa per quanto riguarda quella congregazione. Era emerso un problema –il quale si è recentemente ripresentato a causa dei movimenti neo-messianici che rivendicano un’appartienenza fisica ad Israele– che era un messaggio diverso da quello che egli li aveva annunciato. Sappiamo già che si tratta del messaggio di coloro che noi chiameremmo “giudaizzanti”, che non sono coloro che insegnano l’osservanza della Torah, ma insegnano l’adozione di rituali non vincolati all’osservanza della Torah.
1:13 Infatti voi avete udito quale sia stata la mia condotta nel passato, quand’ero nel giudaismo; come perseguitavo a oltranza la chiesa di Elohim, e la devastavo; 14 e mi distinguevo nel giudaismo più di molti coetanei tra i miei connazionali, perché ero estremamente zelante nelle tradizioni dei miei padri. 15 Ma Elohim che m’aveva prescelto fin dal seno di mia madre e mi ha chiamato mediante la sua grazia, si compiacque 16 di rivelare in me il Figlio suo perché io lo annunziassi fra i gentili. Allora io non mi consigliai con nessun uomo, 22 ma ero sconosciuto personalmente alle assemblee di Giudea, che sono nel Messia; 23 esse sentivano soltanto dire: “Colui che una volta ci perseguitava, ora predica la fede, che nel passato cercava di distruggere”. 24 E per causa mia glorificavano Elohim.
Shaul inizia presentando le sue credenziali – l’epistola ai Galati è stata una delle prime delle sue lettere in ordine cronologico, se non la prima. Era già conosciuto per essere stato un persecutore di coloro che fra i Giudei predicavano Yeshua, i quali erano liberamente accettati nelle Sinagoghe, fino a quando egli stesso si rese conto che questo messaggio non era in contrasto con il giudaismo. Infatti, Shaul ha sempre sottolineato la sua appartenenza al giudaismo, al quale non ha mai rinunciato, come si vede nei seguenti brani:
• Era non solo Giudeo, e fiero di esserlo, ma anche un fariseo:Or Paolo esclamò nel Sinedrio: «Fratelli, io son fariseo, figlio di farisei». – Atti 23:6
«Benché io avessi motivo di confidarmi anche nella carne. Se qualcun altro pensa di aver motivo di confidarsi nella carne, io posso farlo molto di più; io, circonciso l’ottavo giorno, della razza d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio d’Ebrei; quanto alla legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile». – Filippesi 3:4-6• Frequentava puntualmente alla Sinagoga ogni Shabbat (non andava in chiesa la domenica), anche per portare il messaggio ai gentili:
E Shaul, com’era sua consuetudine, entrò da loro, e per tre sabati tenne loro ragionamenti tratti dalle Scritture. Ogni sabato insegnava nella sinagoga e persuadeva Giudei e Greci. – Atti 17:2; 18:4
• Osservava tutte le celebrazioni prescritte nella Torah:
E si congedò da loro, dicendo: È necessario che sia presente nella prossima celebrazione a Gerusalemme, ma tornerò di nuovo a voi, Elohim volendo. – Atti 18:21
Trascorsi i giorni degli Azzimi, partimmo da Filippi e, dopo cinque giorni, li raggiungemmo a Troas. – Atti 20:6• Faceva voti di nazireato e pagava le spese corrispondenti nel Tempio:
Quanto a Paolo, ... navigò verso la Siria, con Priscilla e Aquila, dopo essersi fatto radere il capo a Cencrea, perché aveva fatto un voto. – Atti 18:18
Fa’ dunque quello che ti diciamo: noi abbiamo quattro uomini che hanno fatto un voto; prendili con te, purìficati con loro, e paga le spese per loro affinché possano radersi il capo; così tutti conosceranno che non c’è niente di vero nelle informazioni che hanno ricevute sul tuo conto; ma che tu pure osservi la legge. Allora Paolo, il giorno seguente, prese con sé quegli uomini e, dopo essersi purificato con loro, entrò nel tempio, annunziando di voler compiere i giorni della purificazione, fino alla presentazione dell’offerta per ciascuno di loro . – Atti 21:23,24,26
(questo tipo di voto richiedeva anche un sacrificio animale nel Tempio)• Offriva oblazioni nel Tempio per la sua nazione:
Dopo molti anni, sono venuto a portare oblazione alla mia nazione e a presentare delle offerte. Mentre io stavo facendo questo, mi hanno trovato purificato nel tempio, senza assembramento e senza tumulto. – Atti 24:17,18
Quindi, lungi dall’essere qualcuno che predicava contro la validità della Torah, era un Giudeo osservante. E sicuramente, l’Evangelo che egli aveva annunciato loro era lo stesso che proclamavano gli altri apostoli, e le Scritture che egli aveva insegnato loro, erano le uniche che esistevano, vale a dire, la Torah, i Profeti e gli Scritti (TaNaKh) . Allora, qual’era “l’altro evangelo” che altri predicavano ai Galati? Vediamo.
2:2 Vi salii in seguito a una rivelazione, ed esposi loro il vangelo che annunzio fra i gentili; ma lo esposi privatamente a quelli che sono i più stimati, per il timore di correre o di aver corso invano. Ma neppure Tito, che era con me, ed era greco, fu costretto a farsi circoncidere.
Qui Shaul ci introduce all’argomento principale, attorno al quale si svolge il contenuto di questa lettera: la circoncisione dei gentili. Racconta che durante il suo viaggio a Gerusalemme presu Tito, che era gentile, e per questo non gli fu richiesto dagli apostoli di circoncidersi. In un’altra occasione, fu lo stesso Shaul che circoncise Timoteo, perché anche essendo gentile, era di madre giudea (e questo è accaduto in Licaonia, una regione a sud della Galazia):
Paolo volle che egli partisse con lui; perciò lo prese e lo circoncise a causa dei Giudei che erano in quei luoghi; perché tutti sapevano che il padre di lui era greco. – Atti 16:3
Questo è accaduto dopo gli eventi raccontati da Shaul in questo capitolo:
2:9 Riconoscendo la grazia che mi era stata accordata, Giacomo, Cefa e Yohanan, che sono reputati colonne, diedero a me e a Barnaba la mano in segno di comunione perché andassimo noi ai gentili, ed essi ai circoncisi.
È in Atti 15 dove si parla di questo accordo in cui si dà l’incarico a Shaul e Barnaba di predicare in mezzo ai gentili, cioè, prima che lo stesso Shaul circoncidasse Timoteo. E leggendo l’introduzione di questo capitolo, abbiamo già un’idea del problema che Shaul sta prendendo in considerazione in questa epistola, che è riguardante il dibattito sulla circoncisione dei gentili.
Alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli, dicendo: “Se voi non siete circoncisi secondo il rito di Mosè, non potete essere salvati”. – Atti 15:1
È su questo, e non sull’osservanza della Torah, l’argomento che si tratta nell’epistola. Insomma, c’era un gruppo di Giudei credenti in Yeshua che consideravano che le condizioni per la conversione dei Gentili a Yeshua erano le stesse che esistevano per la conversione al giudaismo. Oppure, dovevano prima convertirsi al giudaismo, per poter accedere a Yeshua. Ciò conferma che i primi credenti non si consideravano una religione separata dal giudaismo tradizionale, tanto meno avevano sostituito la Torah o avevano smesso d’osservarla. È stato l’ingresso dei gentili che porse un problema, non l’osservanza della Torah. E la conditio sine qua non per un uomo che voleva convertirsi al giudaismo era –ed è ancora– la circoncisione.
2:11 Ma quando Cefa venne ad Antiochia, gli resistei in faccia perché era da condannare. 12 Infatti, prima che fossero venuti alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con persone non giudaiche; ma quando quelli furono arrivati, cominciò a ritirarsi e a separarsi per timore dei circoncisi. 13 E anche gli altri Giudei si misero a simulare con lui; a tal punto che perfino Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia. 14 Ma quando vidi che non camminavano rettamente secondo la verità dell’evangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: “Se tu, che sei giudeo, vivi alla maniera dei gentili e non dei Giudei, come mai costringi i gentili a vivere come i Giudei?”
Shimon, che aveva ricevuto la prima visione dei Gentili e fu inviato a casa di Cornelio, è stato il primo degli apostoli ad entrare nella casa di un gentile. Questo lo qualificava in quella realtà socio-culturale come qualcuno che “viveva come un gentile”. Tuttavia, ci sono alcuni che sostengono che Shimon non viveva come un giudeo, e che non osservava la Torah, perché, come si dice qui, “viveva alla maniera dei gentili”. È pertanto necessario chiarire il significato di questa frase, incominciando la parola “gentile”: anche se questo termine -ethnos in greco e goy in ebraico- è in sé neutrale, in realtà siutilizzava in modo peggiorativo ed era implicitamente inteso che un gentile era un pagano, come vedremo in 2:15. Allora che cosa voleva dire Shaul con questo? che Shimon adorava gli idoli? che celebrava i Saturnali? che mangiava cibo impuro? che non osservava il Shabat, né gli altri comandamenti? Naturalmente non è questo ciò che Shaul vuol dire con quella frase! Per capirlo, bisogna immergersi nell’ambiente giudaico del primo secolo: un Giudeo non poteva assolutamente relazionarsi con i gentili, né entrare nelle case dei gentili o in altri spazi sociali frequentati dai gentili, tanto meno mangiare con loro, anche se il cibo fosse kosher. Tali azioni lo qualificavano come qualcuno che “viveva come un gentile”. Era anche inconcepibile che gentili incirconcisi entrassero in una Sinagoga, e da questo sorse la questione sollevata nel Concilio di Gerusalemme: se consentire l’ingresso dei gentili che avevano creduto in Yeshua nello spazio dei Giudei. Tra quelli della Diaspora c’era più flessibilità, in quanto costretti a vivere in un ambiente di gentili, ma per quelli in Giudea questa era la regola. Allora Shimon, trovandosi fuori dalla Giudea, in Antiochia, si permetteva di condividere con i credenti gentili non solo il culto, ma anche momenti più riservati come il tavolo – questo non implica che mangiasse cose impure, perché neanch i credenti gentili le mangiavano se e erano stati adeguatamente istruiti. Quando vennero quelli dalla Giudea, simulò mantenersi separato dai gentili, e questo è ciò che Shaul condanna, quella mancanza di sincerità. Non che Shimon mancasse nel compimento dei precetti della Torah mentre era con i gentili, ma che si comportava con ipocrisia religiosa davanti a quelli di Giudea. D’altronde, a quanto pare Shimon era tra quelli che credevano che i gentili dovevano essere circoncisi, per quanto dice Shaul, che costringeva i gentili a vivere da Giudei.
2:15 Noi Giudei di nascita, non gentili peccatori.
Questa dichiarazione illustra il concetto che i Giudei, compreso Shaul, avevano sui gentili: così come il Giudeo per natura doveva essere giusto –che opera la giustizia, vale a dire, che osserva i comandamenti–, il gentile era considerato peccatore per natura, vale a dire, violatore della Torah.
2:16 Sappiamo che l’uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede nel Messia Yeshua, e abbiamo anche noi creduto nel Messia Yeshua per essere giustificati dalla fede nel Messia e non dalle opere della legge; perché dalle opere della legge nessuno sarà giustificato. 17 Ma se nel cercare di essere giustificati nel Messia, siamo anche noi trovati peccatori, vuol dire che il Messia è un servitore del peccato? No di certo! 18 Infatti se riedifico quello che ho demolito, mi dimostro trasgressore.
Ci dice Shaul in questo passaggio di non osservare la Torah? O piuttosto corregge alcuni concetti che non corrispondono alle finalità e gli obiettivi della Torah? In effetti, la Legge non è stata data per giustificare, ma per istruire in giustizia. Se l’osservare la Torah in sé non produce la giustificazione, quanto meno la produce il non osservarla! Se pecchiamo, la Torah non ci giustifica, e non c’è modo di correggere l’errore attraverso di essa. Se manchiamo ad un comandamento, non ci giustifica l’osservare gli altri nove, ma rimarremo in disubbidienza. Sono due cose separate: salvezza, giustificazione, perdono, da una parte, ed obbedienza, giustizia, rettitudine, dall’altra. Se riusciamo ad ottenere la prima, non siamo esenti di praticare la seconda, oppure sì? Una volta che siamo giustificati –perché ci ha perdonato un debito–, dobbiamo continuare la nostra condotta nella giustizia o nell’ingiustizia? Chiaramente non siamo esenti dall’obbedire ai comandamenti, perché Yeshua non è il ministro del peccato. Egli non ci ha perdonato gli errori del passato in modo che continuassimo a commettere violazione della Legge, perché questa è la definizione biblica del peccato: Chiunque commette il peccato trasgredisce la Legge: il peccato è la violazione della Legge (1Giovanni 3:4).
Quando otteniamo la giustificazione, cioè, il perdono, è perché ci siamo pentiti del peccato commesso. E abbiamo distrutto quella trasgressione. Ma se lo faccio ancora, sono di nuovo trasgressore, rendendo così inutile il pentimento, ritornando alla stessa situazione di prima, perché Yeshua non è ministro del peccato, non ci perdona perché possiamo continuare nel peccato, ma perché possiamo vivere senza il peso della colpa per gli errori commessi prima e lasciarli definitivamente, non per continuare a farli. Quando egli aveva guarito e perdonato qualcuno, poi gli diceva: “non peccare più” (cfr. Yohanan 5:14; 8:11).2:19 Quanto a me, per mezzo della legge, sono morto alla legge affinché io viva per Elohim. 21 Io non annullo la grazia di Elohim; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, il Messia sarebbe dunque morto inutilmente.
Molto interessante per gli accaniti anti-Torah, perché togliendo questo brano dal contesto e dalla realtà, possono costruire su questo un castello teologico. Ma un buon esegeta, ed ogni persona seria e sincera, prenderà queste parole nel contesto. Che cosa significa “morto alla legge”? Ed a quale legge? E poi, che cos’è vivere per Elohim?
Questo passaggio è concettualmente correlato a quello che abbiamo letto nella lettera ai Romani. Vediamo:““Perché la retribuzione del peccato –della trasgressione della Legge– è la morte” (Romani 6:23), quindi, in base a ciò che la legge stabilisce, essendo io un peccatore ricevo come conseguenza la morte. Ma qual’è la legge che mi porta alla morte? C’è solo una legge? L’abbiamo già visto nella lettera ai Romani, ed è lo stesso che abbiamo qui: perché ci dice che siamo “morti alla legge” con uno scopo, che è “vivere per Elohim” e nell’altra lettera lo stesso Apostolo ci dice: “io con la mente servo la legge di Elohim, ma con la carne la legge del peccato” (Romani 7:25). Allora possiamo chiudere il cerchio: “per mezzo della la Legge (Torah), sono morto alla legge (del peccato) affinché io viva per Elohim (cioè, serva la Legge di Elohim)”. Ed il versetto successivo: “perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, il Messia sarebbe dunque morto inutilmente.” continua il parallelismo con quello già citato: Perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Elohim è la vita eterna nel Messia Yeshua nostro Signore (Romani 6:23). Come abbiamo detto, la giustificazione viene solo attraverso il perdono e questa è la grazia che viene concessa attraverso il Messia, non la libertà di peccare e di violare la Torah!
Tuttavia, dobbiamo anche rendere chiaro il significato preciso del termine “opere della legge” per quanto riguarda il loro rapporto con il perdono dei peccati, che è la questione che aveva confuso i Galati (e non solo loro). Dal momento che la Torah stabilisce i comandamenti da osservare, provvede anche un modo per risarcire, o per compensare, quando questi comandamenti sono infranti. Ad ogni peccato corrisponde una forma d’espiazione, che in alcuni casi richiedeva un sacrificio animale, in altri era sufficiente un’offerta vegetale, oppure anche un’offerta monetaria. Questi sacrifici od offerte non comportano la cancellazione nel registro delle infrazioni commesse, ma servivano solo a pagare i danni. Queste erano le “opere della legge”, cioè, quelle stabilite dalla Torah per l’espiazione quando s’infrangevano i comandamenti della Torah. Ma essi non producevano una giustificazione che lasciasse completamente pulita la fedina penale, per dirla nel linguaggio di oggi. Cioè, non vi era nessun sacrificio che producesse il perdono – la sentenza doveva essere compiuta. Questo ci introduce al prossimo capitolo:3:1 O Galati insensati, chi vi ha ammaliati, voi, davanti ai cui occhi Yeshua Messia è stato rappresentato crocifisso? 2 Questo soltanto desidero sapere da voi: avete ricevuto lo Spirito per mezzo delle opere della legge o mediante la predicazione della fede? 3 Siete così insensati? Dopo aver cominciato con lo Spirito, volete ora raggiungere la perfezione con la carne? 4 Avete sofferto tante cose invano? Se pure è proprio invano. 5 Colui dunque che vi somministra lo Spirito e opera miracoli tra di voi, lo fa per mezzo delle opere della legge o con la predicazione della fede?
Siccome abbiamo chiarito il significato del concetto di opere della legge per quanto riguarda la remissione dei peccati, possiamo dunque capire quali sono le implicazioni del rito della circoncisione che confondeva i Galati: il ritorno ai sacrifici per il peccato. Di questo parla anche Colossesi, dicendo:
Voi, che eravate morti nei peccati e nell’incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Elohim ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati; egli ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e l’ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce. – Colossesi 2:13,14
Quando i gentili si riconoscono peccatori dinanzi alla giustizia di Elohim, conforme a tutti i misfatti commessi in violazioni alla Torah, c’è contro di loro un “documento di debito”, una fedina di precedenti penali che non può essere annullata –e molti di questi peccati non ammettevano alcun sacrificio, ma erano punibili con la morte o l’espulsione della nazione d’Israele–, a meno che accettino il sacrificio di Yeshua. Così ricevono la grazia, come abbiamo già detto, in modo che d’allora in poi inizino a camminare nella giustizia, e non per continuare liberamente a violare la Legge dell’Eterno, perché Yeshua non è il ministro del peccato.
Tornando alla questione dei Galati, che era quello di diventare proseliti del giudaismo per poi arrivare, secondo il loro pensiero, a Yeshua. Questa conversione implicava un ritorno ai sacrifici, vale a dire, le “opere della Legge” previste per l’espiazione dei peccati, i quali non sono più necessari una volta cancellato il debito ed eliminato il registro di precedenti penali attraverso il sacrificio finale e definitivo. Come gentili che ignoravano la Torah, erano colpevoli e non c’era modo di poter essere giustificati, ma solo attraverso questo sacrificio. Yuttavia, non sono riusciti a capirlo e riceverjo attraverso le “opere della Legge”, vale a dire espiando i propri peccati per mezzo di sacrifici nel Tempio, come stabilito dalla Torah, ma credendo ed accettato il sacrificio di Yeshua come espiazione definitiva e cancellazione dei precedenti penali e che erano contro di loro. E se avevano già ricevuta la giustificazione e sono stati benedetti con lo Spirito di Santità essendo incirconcisi, ora invano ricercano una seconda conversione, la quale impone loro dei rituali che non sono necessari.
Abbiamo detto che i Galati erano Celti, e come tali nella loro cultura l’adulterio era pratica comune, ampiamente diffusa. Immaginiamo per un momento che tipo d’espiazione era prevista per loro in caso di ricadere in questo peccato: “Se uno commette adulterio con la moglie di un altro, se commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno essere messi a morte” (Levitico 20:10). Certamente la conversione al giudaismo non li era favorevole. Non c’era sacrificio possibile per coprire questo peccato. Solo potevano essere perdonati, ma non dalla Torah, ma per mezzo di una sentenza di un giudice.3:6 Così anche Abraamo credette a Elohim e ciò gli fu messo in conto come giustizia. 7 Riconoscete dunque che quanti hanno fede sono figli d’Abraamo. 8 La Scrittura, prevedendo che Elohim avrebbe giustificato i gentili per fede, preannunziò ad Abraamo questa buona notizia: “In te saranno benedette tutte le nazioni”. 9 In tal modo, coloro che hanno la fede sono benedetti con il credente Abraamo. 14 Affinché la benedizione di Abraamo venisse su i gentili nel Messia Yeshua, e ricevessimo, per mezzo della fede, lo Spirito promesso. 17 Ecco quello che voglio dire: un testamento che Elohim ha stabilito anteriormente, non può essere annullato, in modo da render vana la promessa, dalla legge sopraggiunta quattrocentotrent’anni più tardi. 18 Perché se l’eredità viene dalla legge, essa non viene più dalla promessa; Elohim, invece, concesse questa grazia ad Abraamo, mediante la promessa.
Questo passaggio è completato, o spiegato, da quello che abbiamo letto nella Lettera ai Romani:
Romani 4:9 Questa beatitudine è soltanto per i circoncisi o anche per gl’incirconcisi? Infatti diciamo che la fede fu messa in conto ad Abraamo come giustizia. 10 In quale circostanza dunque gli fu messa in conto? Quando era circonciso, o quando era incirconciso? Non quando era circonciso, ma quando era incirconciso; 11 poi ricevette il segno della circoncisione, quale sigillo della giustizia ottenuta per la fede che aveva quando era incirconciso, affinché fosse padre di tutti gl’incirconcisi che credono, in modo che anche a loro fosse messa in conto la giustizia; 12 e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo sono circoncisi ma seguono anche le orme della fede del nostro padre Abraamo quand’era ancora incirconciso.
Shaul sta insegnando loro con le Scritture che Abraham ricevette il patto per mezzo della sua fede, essendo incirconciso, e non dopo essere stato circonciso, come segno dell’estensione di tale patto ai gentili, che non sono circoncisi. E l’ingresso nel patto per i gentili si concretizza in Yeshua, e non attraverso i sacrifici che furono istituiti 430 anni dopo che Abraham fosse stato giustificato per la sua fede, sacrifici ai quali si può accedere solo attraverso la circoncisione.
3:10 Infatti tutti quelli che si basano sulle opere della legge sono sotto maledizione; perché è scritto: “Maledetto chiunque non si attiene a tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica”. 11 E che nessuno mediante la legge sia giustificato davanti a Dio è evidente, perché il giusto vivrà per fede. 12 Ma la legge non si basa sulla fede; anzi essa dice: “Chi avrà messo in pratica queste cose, vivrà per mezzo di esse”. 13 Il Messia ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo divenuto maledizione per noi (poiché sta scritto: “Maledetto chiunque è appeso al legno”).
Naturalmente, coloro che odiano la Torah utilizzano anche questo passaggio per dire che essere sotto la Torah comporta maledizione. Andiamo com’è corretto farlo, al contesto, alla fonte:
Guardate, io metto oggi davanti a voi la benedizione e la maledizione: la benedizione se ubbidite ai comandamenti dell’Eterno vostro Elohim, che oggi vi do; la maledizione, se non ubbidite ai comandamenti dell’Eterno vostro Elohim, e se vi allontanate dalla via che oggi vi ordino, per andare dietro a dèi stranieri che voi non avete mai conosciuto. – Deuteronomio 11:26-28
Allora cos’è che porta maledizione, la Torah, o la disobbedienza alla Torah? Perché l’obbedienza ad essa porta benedizione. Ed i Galati, essendo gentili, prima di credere in Yeshua erano adoratori di idoli, come dice di seguito:
4:8 In quel tempo, è vero, non avendo conoscenza di Elohim, avete servito quelli che per natura non sono dèi.
Dunque, questa condizione che essi avevano, di idolatri, li poneva sotto la maledizione della Torah. Per la fede, però, sono stati giustificati, e questa parola non è del Nuovo Testamento, ma dei Profeti:
Il giusto per la sua fede vivrà. – Habacuc 2:4
Allora, l’aver creduto li tòlse la maledizione –perché si pentirono dei loro peccati ed accettarono il sacrificio– e ciò implica che da quel momento già non servirebbero più agli idoli ed avrebbero messo in pratica i comandamenti, cosa che porta benedizione e non maledizione.
3:15 Fratelli, io parlo secondo le usanze degli uomini: quando un testamento è stato validamente concluso, pur essendo soltanto un atto umano, nessuno lo annulla o vi aggiunge qualcosa.
E questo è valido per tutti i patti: nessuno li può annullare. Nemmeno il patto fatto in Sinai può essere cancellato.
3:19 Perché dunque la legge? Essa fu aggiunta a causa delle trasgressioni, finché venisse la progenie alla quale era stata fatta la promessa; e fu promulgata per mezzo di angeli, per mano di un mediatore. 20 Ora, un mediatore non è mediatore di uno solo; Elohim invece è uno solo. 21 La legge è dunque contraria alle promesse di Elohim? No di certo; perché se fosse stata data una legge capace di produrre la vita, allora sì, la giustizia sarebbe venuta dalla legge; 22 ma la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto peccato, affinché i beni promessi sulla base della fede in Yeshua Messia fossero dati ai credenti. 23 Ma prima che venisse la fede eravamo tenuti rinchiusi sotto la custodia della legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. 24 Così la legge è stata come un precettore per condurci al Messia, affinché noi fossimo giustificati per fede. 25 Ma ora che la fede è venuta, non siamo più sotto precettore.
Ancora una volta, i nemici della Torah sono pronti a qualificarla interamente come “precettore”, perché questo è ciò che Shaul sembra dire se prendiamo il testo fuori dal contesto. Però, abbiamo visto nel corso di questo capitolo che egli parla della legge dei sacrifici, vale a dire, delle opere della legge che riguardano l’espiazione dei peccati, e non dei comandamenti! Oppure “non uccidere” o “non commettere adulterio” sono solo “precettori” già scaduti, perché il Messia è venuto? Ha abolito Yeshua la Torah? L’accettare il suo sacrificio, ci dà la licenza di violare i comandamenti? Ovviamente no. La legge che fu messa “a causa delle trasgressioni” è la legge di sacrifici, perché altrimenti, come potrebbero esistere trasgressioni, se non ci fossero dei comandamenti che determinano che tali atti sono trasgressioni? Perché la Torah è precedente alla legge dei sacrifici, i quali furono istituiti per espiare i misfatti contro la Torah, fino a quando fosse venuto colui che avrebbe compiuto il sacrificio definitivo. Quindi, il precettore era la legge dei sacrifici, non la Torah.
Qui troviamo anche un dato interessante, ed è il seguente: “fu promulgata [quella legge] per mezzo di angeli, per mano di un mediatore”: lo stesso dice in Atti 7:53 “Voi, che avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli, e non l'avete osservata” (cfr. Atti 7:38). Non esiste nel TaNaKh alcun testo che dica che la Torah sia stata data per mezzo di angeli, ma direttamente da Elohim a Mosè, il mediatore. Si tratta di una tradizione del giudaismo di quel tempo, che si ritrova anche nel Sefer Hekalot (chiamato anche 3º Henoch), che dice in 48d:3-4 “Tutti questi tesori furono aperte da lui a Mosè sul Sinai ... la Torah nei settanta aspetti delle settanta lingue ... Chiamò il Santo, benedetto Egli sia, a Yefifyah, il principe della Torah, e per mezzo di lui tutte le cose sono state date a Mosè”. Vediamo dunque che Shaul non solo fa ricorso alle Scritture, ma anche alla tradizione orale dei Giudei, per insegnare nelle sue lettere. I credenti di Berea forse gli avrebbero chiesto da dove avesse preso egli queste informazioni (Atti 17:11).3:28 Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno nel Messia Yeshua. 29 Se siete del Messia, siete dunque discendenza d’Abraam, eredi secondo la promessa.
Abbiamo già spiegato nel commento a Romani 10:12 ciò che questo significa.
In quanto all’essere “discendenza d’Abraham” se si crede nel Messia, teniamo in mente che in tutta la lettera Shaul s’esprime usando allegorie (come lo dirà esplicitamente in 4:24) e qui lo dice chiaramente, che i credenti lo sono “secondo la promessa” che in lui, o nella sua discendenza, sarebbero state benedette tutte le nazioni – che già esistevano quando fu data questa promessa. Non si tratta d’appartenere fisicamente alla discendenza d’Abraham, come alcuni insegnano. Se la salvezza fosse solo per i discendenti fisici d’Abraham essa non raggiungerebbe i gentili, e sarebbe falsa questa premessa, che dinanzi ad Elohim non c’è né Giudeo né Greco.4:8 In quel tempo, è vero, non avendo conoscenza di Elohim, avete servito quelli che per natura non sono dèi; 9 ma ora che avete conosciuto Elohim, o piuttosto che siete stati conosciuti da Elohim, come mai vi rivolgete di nuovo ai deboli e poveri elementi, di cui volete rendervi schiavi di nuovo? 10 Voi osservate giorni, mesi, stagioni e anni! 11 Io temo di essermi affaticato invano per voi.
È una reazione naturale e tragica di coloro che, avendo una volta imparato la cose giuste, quando vogliono un’altra cosa respingono tutto ciò che avevano imparato, e tornano alla loro precedente condizione di non credenti o nemici. E qui Saul affronta questa situazione: essi, come gentili, erano stati idolatri, e come gentili avevano le loro feste pagane. In quel momento, e per l’influenza di quelli che li inculcavano il dover essere circoncisi per essere salvati, essi non rimasero nell’insegnamento che avevano ricevuto, ma ritornarono ancora ad essere pagani come prima, con il fine di avviare un nuovo processo di conversione. Perché è chiaro che, essendo stati pagani, i giorni, i mesi, i tempi e gli anni che ripresero ad osservare erano quelli che avevano prima, come gentili, e non le celebrazioni e giorni biblici, dal momento che per questi non si può applicare l’espressione “rivolgersi di nuovo” perché non le avevano mai osservati prima di convertirsi a Yeshua.
Anche in questi tempi, molti di quelli che avendo ricevuto la Parola, continuano ad aggrapparsi ai rudimenti delle loro antiche pratiche, e continuano a celebrare il natale, la pasqua romana, e le feste pagane che il cristianesimo ha adottato.4:16 Sono dunque diventato vostro nemico dicendovi la verità? 17 Costoro sono zelanti per voi, ma non per fini onesti; anzi vogliono staccarvi da noi affinché il vostro zelo si volga a loro.
Questo accade quando qualcuno devia dalla verità, vede chi gli ha insegnato la verità come un nemico. I Galati, a differenza dei Romani, erano nuovi nella conoscenza delle Scritture, e si trovavano oppressi da due idee: da una parte, la salvezza che li era stata annunciata attraverso la fede nel perdono dei loro peccati per mezzo del sacrificio di Yeshua, e dall’altra, quelli che li dicevano che la salvezza si poteva ottenere solo se in precedenza si circoncidavano, cioè, se diventavano proseliti del giudaismo. Ed è a questo punto che Shaul li illustra la situazione usando un’allegoria:
4:20 Oh, come vorrei essere ora presente tra di voi e cambiar tono perché sono perplesso a vostro riguardo! 21 Ditemi, voi che volete essere sotto la legge, non prestate ascolto alla legge? 22 Infatti sta scritto che Abraam ebbe due figli: uno dalla schiava e uno dalla donna libera; 23 ma quello della schiava nacque secondo la carne, mentre quello della libera nacque in virtù della promessa. 24 Queste cose hanno un senso allegorico; poiché queste donne sono due patti; uno, del monte Sinai, genera per la schiavitù, ed è Hagar. 25 Infatti Hagar è il monte Sinai in Arabia e corrisponde alla Gerusalemme del tempo presente, che è schiava con i suoi figli. 26 Ma la Gerusalemme di lassù è libera, ed è nostra madre. 27 Infatti sta scritto: “Rallègrati, sterile, che non partorivi! Prorompi in grida, tu che non avevi provato le doglie del parto! Poiché i figli dell'abbandonata saranno più numerosi di quelli di colei che aveva marito”. 28 Ora, fratelli, come Isac, voi siete figli della promessa. 29 E come allora colui che era nato secondo la carne perseguitava quello che era nato secondo lo Spirito, così succede anche ora. 30 Ma che dice la Scrittura? Caccia via la schiava e suo figlio; perché il figlio della schiava non sarà erede con il figlio della donna libera. 31 Perciò, fratelli, noi non siamo figli della schiava, ma della donna libera.
È naturale che Shaul sia rimasto perplesso.
E li chiede: “voi che volete essere sotto la legge, non prestate ascolto alla legge?” Con questa domanda, li introdusse nell’insegnamento che egli presenterà di seguito, secondo ciò che è scritto nella Torah, perché egli era maestro della Legge.
Allora li presenta un’allegoria. Prima di spiegarla, vediamo quale sia il significato di questa parola, perché si capisca che non deve essere interpretata alla lettera:
Definizione:
allegoria s. f. [dal latino tardo allegorĭa, greco ἀλληγορία, comp. di ἄλλος «altro» e tema di ἀγορεύω «parlare»]. Ovvero: parlare d’altro, leggere tra le righe, sottintendere qualcosa che non è espressamente indicato in un contesto.
1. Figura retorica, per la quale si affida a una scrittura (o in genere a un contesto, anche orale) un senso riposto e allusivo, diverso da quello che è il contenuto logico delle parole. Diversamente dalla metafora, la quale consiste in una parola, o tutt’al più in una frase, trasferita dal concetto a cui solitamente e propriamente si applica ad altro che abbia qualche somiglianza col primo, l’allegoria è il racconto di una azione che dev’essere interpretata diversamente dal suo significato apparente.
2. Procedimento retorico per cui un contenuto concettuale viene espresso attraverso un’immagine che rappresenta una realtà del tutto diversa e autonoma rispetto al contenuto stesso.
3. Figura retorica consistente nella rappresentazione di un concetto o un fatto attraverso simboli e immagini che rimandano a una realtà diversa da quella espressa letteralmente | Parlare, esprimersi per allegoria, attraverso simboli.
4. Figurazione pittorica o plastica di un concetto astratto.
Quindi, è essenzialmente una figura retorica, una rappresentazione attraverso la metafora, che non si deve intendere letteralmente, ma serve ad illustrare una cosa diversa da quella che si dice. Pertanto, essendo che l’autore medesimo della lettera afferma chiaramente che si tratta di un’allegoria, non possiamo interpretarla alla lettera, ma capire il significato di ciò che si vuole trasmettere.
E qui Shaul presenta le due opzioni che i Galati avevano da valutare: accettare quello che già avevano creduto in quanto alla salvezza, o diventare proseliti del giudaismo attraverso la circoncisione. Nel giudaismo vi è un solo modo perché un gentile possa essere considerato come parte di Israele, ed è la conversione, cioè, diventare un proselito. E molti di coloro che hanno accettato il perdono attraverso Yeshua, vogliono essere riconosciuti come Giudei dai Giudei – questo era proprio il problema dei Galati, essi volevano essere Israele come previsto dalle leggi rabbiniche, e non secondo la promessa fatta ad Avraham, che include tutte le nazioni e non si limita ad un solo popolo, perché in lui sarebbero state benedette tutte le nazioni della terra, e non solo Israele (Genesi 12:2; 18:18).
A quel tempo era ancora possibile diventare un proselito e continuare a riconoscere Yeshua come Messia, come si è visto che i credenti Giudei continuarono a riunirsi nelle sinagoghe e praticare tutto il giudaismo come gli altri Giudei, ed erano considerati come appartenenti ad una delle correnti interne ad esso. Allo stato attuale questo non è più possibile; i proseliti sono tenuti a rinunciare alla loro fede in Yeshua, il che significa che la loro situazione è peggiore di quella dei Galati.
Qui Saul dimostra quale sia la condizione dell’uno e l’altro prendendo l’esempio di Ismael e Yitzhak: il primo era figlio di una schiava, e quindi non era erede legittimo, ed è stato il risultato della volontà dell’uomo e non della promessa del Signore – così è il proselito, che entra a far parte del popolo come uno schiavo acquistato, ma non è figlio naturale, né lo sarà. Infatti, anche se l’Halachàh afferma che il proselito deve essere considerato come un Ebreo di nascita, questo non si verifica nella realtà. Un proselito che abbia compiuto tutta la sua carriera nella Yeshivàh, sarà un Rabbi di altri proseliti, non di Giudei naturali. Non è politicamente corretto dirlo, ma è ciò che accade nel mondo reale. Ed ecco che Saul avverte i Galati, che se accettano di circoncidersi per diventare parte di Israele, perderanno la qualità acquisita di figli della promessa e non della carne. Ismaele è entrato nel patto per mezzo della circoncisione non all’ottavo giorno, ma come i proseliti, ed è stato escluso dall’eredità perché Elohim ha riservato le benedizioni del patto al figlio della promessa (Genesi 17:19-21).
D’altronde, cosa c’entra Hagar con il Patto del Sinai e con Gerusalemme? Ricordiamo che Shaul sta parlando in allegoria, e pertanto si deve discernere questa relazione: abbiamo detto che Ismaele rappresenta il proselito, il figlio della schiava che entra nella famiglia per volontà umana, in contrasto con il figlio della promessa, che entra per volontà d’Elohim ed è l’erede naturale. Allora, cos’è stata istituita nel Sinai, che abbia a che fare con questo? I sacrifici per l’espiazione. Ed ora possiamo chiudere il cerchio: perché i Giudei credenti in Yeshua continuavano ad essere, come GIudei, legata al culto del Tempio ed il sistema levitico, il quale cessò pochi anni dopo la scrittura di questa lettera perché il Tempio e la città furono distrutti. Ed il proselito rimaneva legato agli stessi rituali, quindi, non gli era di alcun vantaggio l’aver accettato il sacrificio di Yeshua. Di questo si tratta, e non dell’osservanza della Torah, l’allegoria che Shaul presenta ai Galati.
Inoltre, nella congregazione dei Galati c’era un altro problemo in rapporto con questo: a quanto pare c’erano alcuni che erano diventati proseliti, e come Ismaele derideva Yitzhak, questi perseguivano coloro che non erano ancora stati circoncisi (4:29), cercando di espellerli dalla Sinagoga (4:17).5:2 Ecco, io, Paolo, vi dichiaro che, se vi fate circoncidere, il Messia non vi gioverà a nulla. 3 Dichiaro di nuovo: ogni uomo che si fa circoncidere, è obbligato a osservare tutta la legge. 4 Voi che volete essere giustificati dalla legge, siete separati dal Messia; siete scaduti dalla grazia. 5 Poiché quanto a noi, è in spirito, per fede, che aspettiamo la speranza della giustizia. 6 Infatti, nel Messia Yeshua non ha valore né la circoncisione né l’incirconcisione; quello che vale è la fede che opera per mezzo dell’amore. 7 Voi correvate bene; chi vi ha fermati perché non ubbidiate alla verità?
Ancora una volta, Shaul sta determinando in modo specifico l’argomento della sua lettera: non si tratta della validità della Torah, che non è mai stata messa in discussione, ma del rito della circoncisione, e non di per sé, ma allo scopo della conversione al giudaismo rabbinico, che prescriveva di “fare tutta la legge” in quanto ai sacrifici per il peccato – e quindi non ci sarebbe più la giustificazione per la fede, ma per i sacrifici, i quali cessarono pochi anni dopo.
Shaul non si oppone alla circoncisione in sé, dal momento che lui personalmente circoncise Timoteo, ma non la considera essenziale per la salvezza. Questa è la differenza. Se un gentile vuole essere circonciso, può farlo, ma non con lo scopo d’essere giustificato. Non c’è bisogno di farsi circoncidere per osservare la Torah, in quanto la circoncisione è un patto che riguarda i discendenti fisici di Abramo, e non ha a che fare con la giustificazione.
Così anche oggi ci sono, purtroppo, coloro che correvano bene, ma sono stati distratti dalla passione o dall’eccesso di zelo, e sono caduti. Quei gentili che amano Israele non hanno bisogno di farsi proseliti, non li gioverà nulla in quanto alla salvezza, dal momento che il giudaismo moderno si è in gran parte distanziato da quello dei tempi biblici.5:16 Io dico: camminate secondo lo Spirito e non adempirete affatto i desideri della carne. 17 Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non potete fare quello che vorreste. 18 Ma se siete guidati dallo Spirito, non siete sotto la legge. 19 Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, 20 idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, 21 invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose; circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa tali cose non erediterà il regno di Elohim. 22 Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo; 23 contro queste cose non c'è legge. 24 Quelli che sono del Messia hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. 25 Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche guidati dallo Spirito.
Penso che non sia necessario spiegare cosa intende Shaul quando dice che “non siete sotto la legge”, come abbiamo visto in Romani 7 e 8. Qui esprime gli stessi concetti, la lotta tra la Torah, che è la legge dello Spirito, e la legge del peccato, che si manifesta nella carne. Ed infatti, poi elenca le opere della carne, che sono in contrasto con i comandamenti della Torah ed impediscono che quelli che praticano tali cose possano essere salvati (vale a dire che non è solo per fede, ma anche per l’obbedienza). Ed infine, elenca i frutti dello Spirito, contro i quali non c’è legge perché la Torah infatti non si oppone a queste cose, ma piuttosto sono lo scopo dei comandamenti. E per camminare nello Spirito dobbiamo evitare il peccato, che è la trasgressione della Legge.
Le Epistole Paoline
Le altre lettere di Shaul trattano generalmente su consigli pratici e non contengono molti passaggi che siano rilevanti per l’oggetto di questo studio, che riguarda la casa di Israele, la casa di Yehuda, la Torah ed il rapporto dei gentili con queste tre. Pertanto, continueremo con le Epistole Generali e, per ultimo, la Lettera agli Ebrei.
Giacomo
L’Epistola di Giacomo (cioè, Yakov) è quella meno amata dai cristiani anti-Torah, dovuto all’enfasi che l’autore pone sull’osservanza dei comandamenti e la piena validità della Legge dell’Eterno.
1:1 Giacomo, servo di Elohim e del Signore Yeshua Messia alle dodici tribù che sono disperse nel mondo: salute.
Giacomo inizia la sua lettera presentandosi semplicemente come un servo del Signore, e l’indirizza “alle dodici tribù che sono disperse nel mondo”. Non si può stabilire con certezza la destinazione geografica di questa lettera, ma in base a chi sono i destinatari è possibile che sia Assiria e Media, dove la maggior parte delle tribù d’Israele si trovavano in quel momento. È anche evidente che lì esisteva una congregazione, in quanto li parla come a persone che hanno già conoscenza del messaggio e sono sufficientemente istruiti.
1:22 Mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi. 23 Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio; 24 e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica com’era. Ma chi guarda attentamente nella legge perfetta, cioè nella legge della libertà, e in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato ma uno che la mette in pratica; egli sarà felice nel suo operare.
E questa è la ragione per cui i cristiani non piace questa lettera: infatti, l’argomento principale della stessa è l’enfasi messo nelle opere, l’obbedienza ai comandamenti della Torah, che è perfetta, ed è libertà, nella quale è necessario perseverare e non solo sentire o leggere, ma piuttosto fare.
2:8 Certo, se adempite la legge regale, come dice la Scrittura: “Ama il tuo prossimo come te stesso”, fate bene; 9 ma se avete riguardi personali, voi commettete un peccato e siete condannati dalla legge quali trasgressori. 10 Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma la trasgredisce in un punto solo, si rende colpevole su tutti i punti. 11 Poiché colui che ha detto: “Non commettere adulterio”, ha detto anche: “Non uccidere”. Quindi, se tu non commetti adulterio ma uccidi, sei trasgressore della legge. 12 Parlate e agite come persone che devono essere giudicate secondo la legge di libertà.
È chiaro che non ha alcun valore osservare i comandamenti se si manca nel compiere solo uno di essi? È lo stesso Elohim che ha dato il primo, come il quarto, come il decimo, non c’è differenza tra un comandamento e l’altro in importanza. E questa Legge, che è la Torah, è la Legge della libertà, come ribadisce lo scrittore, così nessuno può dire che la Torah schiavizza come molti insegnano a torto.
2:14 A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? 15 Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, 16 e uno di voi dice loro: “Andate in pace, scaldatevi e saziatevi”, ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve? 17 Così è della fede; se non ha opere, è per sé stessa morta.
È sufficiente per cacciarlo fuori dalla chiesa, giusto? Cosa sta dicendo quest’uomo! Che la salvezza non si ottiene solo per fede? Sì, è proprio quello che sta dicendo.
2:18 Anzi uno piuttosto dirà: “Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”. 19 Tu credi che c’è un solo Elohim, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano. 20 Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore?
La qualifica che egli dà a coloro che credono che la salvezza viene solo attraverso la fede: insensato, cioè, stòlto, senza sostanza. La fede si dimostrata con l’agire, con le opere, che sono l’obbedienza ai comandamenti della Torah (e non ai comandamenti di uomini).
2:21 Abraam, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isac sull’altare? 22 Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa; 23 così fu adempiuta la Scrittura che dice: “Abraam credette a Elohim, e ciò gli fu messo in conto come giustizia”; e fu chiamato amico di Elohim. 24 Dunque vedete che l’uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto.
Sembra dire il contrario di quello che ha detto Shaul in Romani 4:9 e Galati 3:6, ma in realtà entrambi stanno dicendo la stessa cosa da prospettive diverse: Shaul sottolinea che è stato per la sua fede che Abraham agì, Giacomo che la fede si è dimostrata quando egli agì, come è scritto in Genesi 22:12 “Ora so che tu temi Elohim, poiché non mi hai rifiutato tuo figlio, l’unico tuo”. Avraham ha dovuto dimostrare salendo sul monte e portando il suo figlio al sacrificio, che la sua fede era genuina, e gli fu messo in conto come giustizia. Affinché possiamo essere giustificati per la fede come lui, dobbiamo avere la stessa determinazione di fare tutti i comandamenti. Questa è la fede che giustifica, quella che si traduce in opere.
2:25 E così Raab, la meretrice, non fu anche lei giustificata per le opere quando accolse gli inviati e li fece ripartire per un’altra strada? 26 Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.
In questi tempi c’è bisogno di predicatori come Giacomo nelle chiese cristiane, che insegnano la verità e non inducano in errore le persone dicendo che una volta che hanno creduto sono già salvati, e che non sono sotto la Torah perché la grazia l’ha annullata.
4:17 Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato.
Non basta non fare il male. Anche chi non fa opere buone è un peccatore, ed è un trasgressore della Legge.
Quindi, amici cristiani, è ora di pentirsi veramente, di studiare la Torah e mettere in pratica i comandamenti, perché quella è la via della salvezza.
1 Yohanan
-Prima Lettera di Giovanni-Il messaggio di Yohanan è simile a quello di Giacomo, sottolineando le buone opere e l’aiuto ai bisognosi. Forse è per questo motivo che questa lettera si legge pochissimo nelle chiese.
1:5 Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che vi annunziamo: Elohim è luce, e in lui non ci sono tenebre. 6 Se diciamo che abbiamo comunione con Lui e camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. 7 Ma se camminiamo nella luce, com’Egli è nella luce, abbiamo comunione l’uno con l’altro, e il sangue di Yeshua, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.
Il linguaggio di Yohanan è più mistico, ma sappiamo cosa vuol dire camminare nella luce o camminare nelle tenebre. L’ultima frase citata sopra è molto utilizzata dai cristiani, ma isolatamente: “il sangue di Yeshua, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato”, ma sempre dimenticano che c’è una condizione perché questo si verifichi: “se camminiamo nella luce, com’Egli è nella luce”. Non è senza condizioni, non è una garanzia per tutti coloro che affermano di aver creduto, che il suo sangue si purificherà da ogni peccato, ma c’è una condizione: è per coloro che camminano nella luce, com’Egli è nella luce.
1:8 Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi. 9 Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. 10 Se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo, e la sua parola non è in noi.
2:3 Da questo sappiamo che l’abbiamo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. 4 Chi dice: “Io l’ho conosciuto”, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui.Ed ora ce lo dicie più chiaramente cos’è camminare nella luce: osservare i comandamenti. Chi non li osserva pecca, e se pensa che non è obbligato ad osservare i comandamenti, inganna sé stesso.
2:5 ma chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Elohim è veramente completo. Da questo conosciamo che siamo in lui: 6 chi dice di rimanere in lui, deve camminare com’egli camminò. 7 Carissimi, non vi scrivo un comandamento nuovo, ma un comandamento vecchio che avevate fin da principio: il comandamento vecchio è la parola che avete udita sin dal principio.
E quali sono i comandamenti da osservare? Quelli che sono stati dati sin dal principio, vale a dire, la Torah. Non ci sono altri comandamenti, se non quelli.
2:17 E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Elohim rimane in eterno. 29 Se sapete che Egli è giusto, sappiate che anche tutti quelli che praticano la giustizia sono nati da lui.
Solo colui che fa la volontà di Elohim rimane. Quindi non è solo per fede. Coloro che credono d’essere salvati per fede, senza osservare i comandamenti, i quali esprimono la volontà del Signore, non rimarranno, cioè, o non hanno vita eterna. La giustizia si pratica, non è solo credere.
3:4 Chiunque commette il peccato trasgredisce la Legge: il peccato è la violazione della Legge.
E questa è l’unica definizione che troviamo nella Bibbia su ciò che è il peccato, e dice chiaramente: la trasgressione della Legge, ovvero, della Torah.
Quelli che dicono che non sono sotto la Torah sono le stesse persone che dicono di non avere peccato (1: 8), in quanto non possono violare nessuna legge, e quindi, sono bugiardi.3:5 Ma voi sapete che egli è stato manifestato per togliere i peccati; e in lui non c’è peccato. 6 Chiunque rimane in lui non persiste nel peccare; chiunque persiste nel peccare non l’ha visto, né conosciuto. 7 Figlioli, nessuno vi seduca. Chi pratica la giustizia è giusto, com’egli è giusto.
Sembra ripetitivo, ma è necessario perché, anche dopo due millenni, la maggior parte dei cristiani ancora non l’hanno capito: Colui che dimora in Elohim, non pecca, cioè, non viola la Torah (vedi definizione sopra, in 3:4). Chiunque viola la Torah non l’ha visto né l’ha conosciuto. È stato ingannato dai predicatori della grazia.
Per essere giusti è necessario fare la giustizia, vale a dire, le opere di giustizia. Non basta avere fede.3:8 Colui che persiste nel commettere il peccato proviene dall’avversario, perché il nemico pecca fin da principio. Per questo è stato manifestato il Figlio di Elohim: per distruggere le opere del nemico. 9 Chiunque è nato da Elohim non persiste nel commettere peccato, perché il seme divino rimane in lui, e non può persistere nel peccare perché è nato da Elohim. 10 In questo si distinguono i figli di Elohim dai figli del nemico: chiunque non pratica la giustizia non è da Elohim; come pure chi non ama suo fratello.
Yohanan insiste, prevedendo che molti non lo capirebbero, e lo ripete ancora: chi è nato da Elohim, non viola la Torah; chi non fa opere di giustizia, non da Elohim.
3:18 Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità. 22 e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo ciò che gli è gradito. 24 Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Elohim e Elohim in lui. Da questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.
5:2 Da questo sappiamo che amiamo i figli di Elohim: quando amiamo Elohim e osserviamo i suoi comandamenti. 3 Perché questo è l’amore di Elohim: che osserviamo i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.Ci sono ancora dubbi?... Nel caso in cui ci siano ancora quelli che non sono riusciti a capire il messaggio, lo ripete di nuovo nella sua seconda lettera:
2Yohanan 1:6 In questo è l’amore: che camminiamo secondo i suoi comandamenti. Questo è il comandamento in cui dovete camminare come avete imparato fin da principio.
Ciè che Yohanan vuole dirci è molto chiaro e lo ribadisce in modo che non ci siano dubbi. Non menzione la salvezza per fede, dev’essere quello il motivo per cui le sue lettere non sono lette quasi mai.
1 Shimon Kefa
-Prima Lettera di Pietro-1:1 Kefa, postolo di Yeshua Messia, agli eletti che vivono come forestieri dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell’Asia e nella Bitinia.
Shimon indirizza la sua lettera agli “eletti che vivono come forestieri dispersi”, vale a dire, nella Diaspora, nelle province dell’Anatolia. Inizialmente potrebbe trattarsi di Giudei, ma in 2:10 ci fa capire che questi sono Israeliti delle Tribù del Nord, che a quel tempo ancora vivevano non lontano da Assiria, dov’erano stati deportati.
2:9 Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Elohim si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa; 10 voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Elohim; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia.
Ai cristiani piace applicare sé stessi questa dichiarazione: “voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Elohim si è acquistato”, ma non prendono in considerazione a chi è che lo scrittore si rivolge, cioè, agli Israeliti.
Shaul non usa mai questi termini in riferimento ai suoi destinatari gentili. Una volta usa la stessa parola che qui è tradotta “stirpe” (in greco: genos) applicandola a sé stesso, in Filippesi 3:5 “io, circonciso l’ottavo giorno, della razza d'Israele”, ed altre due volte a quelli della sua propria nazione, in 2Corinzi 11:26 e Galati 1:14. Per quanto riguarda il sacerdozio, Shaul non ne fa menzione. Nemmeno chiama “gente santa” a nessuna delle congregazioni alle quali egli scrive – parla di santi individualmente, ma non in modo collettivo, etnico, come in questo caso fa Shimon. Perché? È chiaro, perché questi termini si applicano solo a Israele: “e voi sarete per Me un regno di kohanim, una nazione santa. Queste sono le parole che dirai ai figli d’Israele” (Esodo 19:6).
Se i cristiani sono d’accordo che Shimon Kefa è stato inviato “alla circoncisione” e non ai gentili, perché attribuiscono a sé stessi queste parole, prendendole fuori dal contesto?
Shimon poi cita Hoshea 1:6,9,10 “perché io non avrò più compassione della casa d’Israele in modo da perdonarla. perché voi non siete mio popolo e io non sarò per voi... Avverrà che invece di dir loro, come si diceva: «Voi non siete mio popolo», sarà loro detto: «Siete figli d’Elohim»”, facendo un chiaro riferimento alla casa d’Israele, cioè, le Tribù del Nord che non sono più ritornate, ma era arrivato il momento in cui il messaggio del Messia li avrebbe raggiunto per la loro redenzione.1:17 E se invocate come Padre colui che giudica senza favoritismi, secondo l’opera di ciascuno, comportatevi con timore durante il tempo del vostro soggiorno terreno; 22 Avendo purificato le anime vostre con l’ubbidienza alla verità per giungere a un sincero amor fraterno, amatevi intensamente a vicenda di vero cuore:
L’Apostolo non menziona qui la fede di ciascuno, ma che il giudizio sarà secondo l’opera... e la purificazione dell’anima attraverso l’obbedienza alla verità, e la verità è la Torah (Salmo 119:142; Romani 7:12). Egli non s’allontana dal pensiero degli scrittori che abbiamo già considerato, ma afferma la necessità dell’obbedienza ai comandamenti per poter essere giudicati favorevolmente dall’Eterno.
2:12 Avendo una buona condotta fra i gentili, affinché laddove sparlano di voi, chiamandovi malfattori, osservino le vostre opere buone e diano gloria a Elohim nel giorno in cui li visiterà.
Qui ricorda loro che la missione di Israele è quella di benedire le nazioni (i gentili), ma facendo una distinzione.
3:11 Fugga il male e faccia il bene; cerchi la pace e la persegua; 12 perché gli occhi del Signore sono sui giusti e i suoi orecchi sono attenti alle loro preghiere; ma la faccia del Signore è contro quelli che fanno il male.
4:17 Infatti è giunto il tempo in cui il giudizio deve cominciare dalla casa di Elohim; e se comincia prima da noi, quale sarà la fine di quelli che non ubbidiscono all’evangelo di Elohim? 18 E se il giusto è salvato a stento, dove finiranno l’empio e il peccatore?Ancora una volta sottolinea l’importanza delle buone opere, la giustizia, l’obbedienza, eppure tutte queste cose sono difficili per un giusto, possiamo immaginare quale sia il destino di coloro che credono di essere salvati per la sola fede, e non si preoccupano di osservare i comandamenti !